Antonino Fedele


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Parafrasi dell'inno ‘La Pentecoste’

Opere proprie

    PARAFRASI                                                                                                          
    di Antonino Fedele

    ALESSANDRO MANZONI, La Pentecoste



    Alessandro Manzoni (1785-1973), spinto dalle scelte politiche della Chiesa del tempo che evidentemente egli non condivideva affatto, nel giugno 1817 dette inizio alla composizione di quest’inno e, dopo vari tentativi e ripensamenti, la concluse il 2 ottobre 1822. Se mai ce ne fosse bisogno, esso costituisce un’ulteriore attestazione della gioia intimamente provata dal suo Autore a seguito della sua conversione al cattolicesimo. La Pentecoste, che significa 'cinquantesimo giorno' (dopo la Pasqua), infatti, è certamente il più importante tra quelli che avrebbero dovuto essere i dodici Inni sacri con i quali sarebbe stato nelle sue intenzioni celebrare le principali festività cristiane del calendario liturgico; ma, nel breve lasso di tempo che intercorre tra il 1812 ed il 1815, finì per comporne soltanto cinque, di cui i primi quattro sono: La Risurrezione, Il Nome di Maria, Il Natale e La Passione.
    Con tale genere di composizioni l’Autore volle sottolineare da una parte l'importanza della Fede tout-court e dall’altra esplicitare le ripercussioni benefiche che essa indubbiamente ha sulla quotidianità e, più in generale, sulla vita degli uomini, di tutti gli uomini. In buona sostanza del Cristianesimo egli individuò l’aspetto autenticamente evangelico, democratico ed egualitario, quasi a testimoniare così la continuità tra il mondo illuministico, che aveva contribuito in maniera determinante nella sua formazione intellettuale durante in periodo adolescenziale, e i nuovi grandi valori assoluti di cui, grazie alla conversione, cominciò ad assaporare i dolcissimi frutti. Il motivo della redenzione, infatti, è sempre presente in tutti gli Inni sacri che portò a termine e rappresenta un fatto sia storico che perennemente attuale, poiché ogni volta esso si rinnova nella celebrazione liturgica. L’umanità non ha la forza morale di conservare la Grazia acquisita con il battesimo, ma ha bisogno della continua assistenza dello Spirito Santo.
    Si tratta di 18 ottave per un totale di 144 versi. L’Autore, in una visione di autentica fusione del divino e dell’umano, 1) nei vv. 1-48 descrive la vita della Chiesa prima della discesa dello Spirito Santo, quando i discepoli, considerata la recentissima fine del Maestro consumatasi sul Golgota (in ebraico era detto 'cranio', al quale somigliava quella piccola superficie collinare, a forma di teschio umano, che si ergeva nell’immediata periferia di Gerusalemme), non osavano esporsi nella predicazione della buona novella secondo gli insegnamenti ricevuti, ma vivevano nel Cenacolo, addirittura quasi nascosti, per paura di incorrere nella stessa sorte; 2) nei vv. 49-80 passa in rassegna quanto di veramente straordinario era intervenuto con la discesa dello Spirito Santo, cioè l’acquisizione da parte degli Apostoli della capacità di capire l'autentica profondità dei vari misteri connessi con la Fede, di esprimersi nelle varie lingue e di cominciare a predicare il Vangelo in adempimento della missione loro affidata personalmente dal Figlio di Dio in occasione dell’ultima cena consumata insieme; 3) nei vv. 81-144 rivolge un’accorata preghiera corale allo Spirito Santo perché continui a discendere nelle menti e nei cuori di tutti gli uomini, credenti e non credenti, di tutte le età, di tutte le condizioni e di tutte le latitudini, e, quale forza operante in ogni momento della loro vita, li continui a vivificare e illuminare nella realizzazione della pace, della giustizia e dell’eguaglianza.

    La vita della Chiesa prima della discesa dello Spirito Santo (vv.1-48)

    Chiesa, tu che sei Madre dei Santi, immagine della Città celeste (il Paradiso), che custodisci in eterno il sangue incorruttibile di Cristo, che da tanti secoli vivi nel dolore, che combatti e preghi, che pianti le tue tende in ogni parte del mondo, sede di coloro che sperano, Chiesa del Dio vivente, dov’eri mai? In quale angolo nascosto ti eri cacciata quando, nel momento del tuo primo sorgere, il tuo Re (Gesù), subdolamente condotto dai malvagi al supremo sacrificio, con il suo sangue arrossò le zolle del Golgota, quasi un altare elevato e sublime? Quando il Corpo divino, uscito dalle tenebre del sepolcro (della morte), risuscitò ed emise il possente alito della vita eterna, e quando, con in mano le sofferenze della passione e della morte sulla Croce quale prezzo del perdono dei peccati dell’intera umanità, da questa terra salì al cielo, al trono di Dio Padre, tu, compagna della sua passione e consapevole dei misteri del Cristo, figlia immortale della sua vittoria sul male, dov’eri? Desta per il terrore e tranquilla soltanto se dimenticata, ti nascondevi in luogo recondito fino a quel giorno santo, quando [su di te] discese lo Spirito rinnovatore che accese nella tua destra la fiaccola inestinguibile della Fede ed evidenziò la tua presenza quale vero e proprio faro di luce, munendo le tue labbra della capacità di predicare la Verità in ogni lingua a tutte le genti.

    Gli avvenimenti successivi alla discesa dello Spirito Santo (vv. 49-80)

    Come la luce si diffonde rapidamente ovunque suscitando i vari colori sulle cose su cui si posa, così la voce dello Spirito Santo si espresse nelle varie lingue, per cui l’Arabo (le popolazioni arabe), il Parto (le popolazioni persiane), il Siro (le popolazioni libanesi), ciascuno l’udì nella propria lingua. Idolatri, diffusi dappertutto, volgete il vostro sguardo a Gerusalemme, ascoltate quel messaggio divino: gli uomini, stanchi degli inutili sacrifici alle Divinità pagane, tornino al Dio vero. Voi, spose, che date inizio ad un’era più felice, scosse dall’improvviso sussulto del nascituro che portate in grembo, o già prossime al travaglio del parto, non abbiate a rivolgere il vostro canto alla falsa divinità (Giunone Lucina, la mitologica protettrice delle partorienti): il frutto che sta crescendo nel vostro seno è figlio di Dio.
    Perché la schiava, baciando i propri figli, ancora sospira e guarda con invidia il seno che allatta i figli nati liberi? Non sa che il Signore eleva i miseri al suo Regno giacché durante la sua passione Egli pensò a tutti i figli di Eva? I cieli annunciano una libertà del tutto nuova (quella dalla schiavitù del male) e un’umanità rinnovata, nuove conquiste e gloria conseguita in più belle prove, una nuova pace, che non viene meno in presenza di piaceri illusori, che non meritano alcuna fiducia, una pace che il mondo deride ma di cui non può defraudare alcuno.

    Invocazione allo Spirito Santo (vv. 81-144)

    O Spirito Santo, noi tutti tuoi fedeli, supplichevoli davanti ai tuoi maestosi altari, soli in mezzo a boschi inospitali, erranti per mari deserti, sparsi per il mondo intero, dalle gelide Ande al Libano, dall’Irlanda alla montuosa Haiti, spiritualmente uniti a Te, noi T’imploriamo! Spirito mite, discendi ancora propizio sia su chi crede in Te, sia su chi Ti ignora, scendi e ridesta a nuova vita, rassicura gli animi che si sono smarriti nel dubbio e il Vincitore (il Cristo) costituisca la ricompensa divina per i vinti. Discendi, Spirito d’amore, e attenua l’ira e la superbia negli animi; dona quei pensieri che riaffioreranno, immutati nella memoria, anche nel momento del trapasso e la tua virtù benefica alimenti i tuoi doni; come il sole dal seme lento (a morire) fa sbocciare un fiore che, se non raccolto, lentamente morirà sull’erba bassa e non crescerà con i colori splendenti della corolla aperta se, frammisto ad esso, nell’aria non tornerà il mite raggio di sole datore della vita che instancabilmente alimenta, noi T’imploriamo! Scendi, come piacevole brezza ristoratrice, sugli struggenti pensieri di chi è infelice; [scendi] come bufera sui pensieri del violento rigonfi di superbia e infondigli tale sgomento da riuscire a muoverlo al senso della pietà. Sorretto dalla tua Grazia il povero rivolga il proprio sguardo al cielo che gli appartiene, tramuti i propri lamenti in espressioni di gioia, pensando a chi somiglia, cioè al Cristo che volle essere povero; colui al quale è stato donato tanto, a sua volta doni con amicizia e con quella riservatezza che rende gradito il dono stesso. Spira nell’ineffabile sorriso dei nostri bambini, imporpora il viso delle fanciulle con il colore della pudicizia, fai gustare alle suore chiuse nei conventi la purezza delle gioie nascoste (della contemplazione), consacra l’amore verecondo delle spose, contempera il carattere dei giovani coraggiosi, indirizza le intenzioni degli adulti in modo da farli pervenire ad un traguardo sicuro, ispira desideri santi negli anziani, fai brillare di speranza gli occhi di chi muore.















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