Antonino Fedele


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Passio di Sant’Eufemia vergine e martire

Opere proprie

Passio di Sant’Eufemia vergine e martire                                                      

(Traduz. dagli
Acta Sanctorum)


PARTE I

1 – Durante l’Impero di Diocleziano nella città di Calcedonia, sotto il proconsolato di Prisco l’Europeo, era presente un gran numero di cristiani. Invero, il proconsole Prisco aveva un amico, senza religione e senza pietà, di nome Appelliano, abile maestro di eloquenza, molto vicino al cattivo genio di Marte. Allora tale Appelliano lanciò accuse contro i cristiani dicendo al proconsole: – Molto illustre e sagace proconsole, sia noto alla tua autorità che, secondo le disposizioni dell’Augusto Imperatore, tutti noi dobbiamo offrire molti sacrifici al dio Marte –. Questo discorso della distruzione delle anime a sua volta piacque al proconsole, per cui emise uno spaventoso ordine dal seguente tenore da collocare nei luoghi più importanti: – Uomini di Calcedonia, sia noto a tutti voi l’ordine di osservare le disposizioni dell’Imperatore, di purificarci per otto giorni e di offrire sacrifici al grandissimo dio Marte. Per cui, chiunque sarà trovato in contravvenzione e a praticare un culto diverso sarà punito con pene severissime. Questa, pertanto, sia la modalità con cui saranno chiamati: il giorno in cui squillerà la tromba tutti insieme accorreranno al tempio del grandissimo dio Marte e con entusiasmo offriremo sacrifici per renderci propizio al massimo il favore degli dei –.

2 – Allora Appelliano si diede da fare per venire a sapere il giorno e l’ora in cui sarebbe stato dato il segnale, desideroso [com’era] di individuare coloro i quali non obbedissero alla disposizione imperiale per abbaiare come un cane contro costoro. Quindi, data la perentorietà dell’ordine, la tromba emise il [suo] lugubre suono chiamando tutti a raccolta, i quali accorrevano con animati dalle comuni finalità. A dire il vero c’erano coloro che, avendo nell’animo il vero Dio, riuniti in un locale, pregavano fervorosamente. Tra costoro c’era anche Sant’Eufemia, figlia del senatore Filofrone e di Teodosia, donna molto devota, che spesso andava incontro alle esigenze del popolo con delle elargizioni, nella fiducia di venire ricompensata da Dio. Ma Appelliano, condiscepolo di Satana, disse al proconsole: – Ci sono alcuni che si sono rinchiusi in un locale e non intendono obbedire alle disposizioni dell’Imperatore, né al tuo ordine. Se si consentisse loro tutto ciò, molti si sottrarrebbero alla grande offerta sacrificale, aderirebbero alla loro dottrina e farebbero finire nella derisione il sacrificio offerto da noi –. Udite queste parole, il proconsole ordinò di arrestarli. Tra coloro che vennero presi c’era Sant’Eufemia, dallo sguardo dolcissimo, la più bella tra tutti i suoi compagni, che con le sue virtù illuminava le persone.

3 – Ma, quando giunsero e si riunirono nel tribunale [luogo dove si suole amministrare la giustizia], il proconsole disse loro: – Obbedite tutti insieme alle disposizioni del monarca e offrite sacrifici al grande dio Marte –. Allora quelli, di rimando, insieme a Sant’Eufemia, quasi all’unisono, dissero: – Sappi, proconsole, che noi siamo servi del Signore [Gesù] Cristo, Re eterno, che sta nei cieli, il quale davvero rese immenso il cielo e stabile la terra e che creò tutte le cose. Noi serviamo questo [Dio] e a lui offriamo in sacrificio noi stessi – . A questo punto il proconsole Prisco, udite queste parole, disse loro: – Mi stupisco per ciascuno di voi, considerato lo slancio del vostro proposito, la natura della vostra forza e la bellezza [interiore] di ciascuno di voi. Sottomettetevi, quindi, a me e, obbedendo al monarca, godete dei frutti del sacrificio degli dei, affinché acquisiate la massima confidenza e, fattivi conoscere dall’Imperatore, otteniate di essere degni del ducato e del principato –. Quei magnanimi, sentite queste parole, mutata [in gioia] la tristezza dei [loro] volti e ricolmi della dottrina di Dio, disposti come in un coro angelico, con in mezzo la grande sant’Eufemia, dissero: – Noi, proconsole, siamo servi del Dio altissimo e, per la fede di cui [Egli] ci ha fatto dono, ci sforziamo di essere visibilmente irreprensibili al fine di conseguire ciò che ci promise quando ci disse: «Bravo, servo buono e fedele! Tu hai resistito in ciò che ha minore importanza, ora io ti elevo fino a ciò che è più importante» E tu stesso, proconsole, sappi che chiunque di coloro ai quali venne rivolte queste parole si sforzerà di fare ciò che farà piacere a Colui che pronunciò, in modo da ottenerne altre di maggior rilievo e per essere ricompensati con premi ben più ragguardevoli. Pertanto, se coloro che sono mortali sono sottomessi a dei mortali e cercano di procurarsi beni temporali ed effimeri, noi quanto ci diamo da fare maggiormente affinché, nel rispetto dell’alleanza con il Dio immortale ed eterno, ereditiamo i beni promessi che, dopo l’esperienza della materia e della corruzione, rimarranno nei secoli per sempre? Tu fai ciò che vuoi. Noi, infatti, considerate le cose di lassù, per ottenere i tesori a noi riservati, piuttosto che arrenderci, siamo pronti alla morte –.

4 – Non appena il proconsole Prisco capì il significato di tutto ciò, mutò l’espressone del suo volto e ordinò che ciascuno di loro venisse sottoposto a torture e a patimenti. Il vero è che le vittime, che venivano torturate ogni giorno, sopportavano i tormenti glorificando Cristo, incoraggiando se stessi e incitandosi alla sopportazione nella lotta. Esortando la magnanima e generosa Eufemia ad andare incontro alla luce di Cristo, le dissero: – Ancella di Cristo, tu che sei ornata della fede e forte nello spirito, saggia e rivestita di Cristo, prendi il tuo lucerniere e, insieme alle vergini, corri incontro tenendo in mano la lampada inestinguibile; sarai annoverata tra le cinque che fanno luce allo Sposo il quale assegna il giusto compenso nel Regno dei cieli –. Trascorsi diciannove giorni nella lotta dei Santi, nel carcere si nutrivano di Spirito Santo. Allora, il ventesimo giorno, il proconsole Prisco si consultò con Appelliano, uomo senza religione e senza pietà, la cui razza è simile a se stessa, e, mantenuto fermo il proprio proposito, avendo disposto l’interrogatorio dei Santi, seduto in tribunale, ordinò che venissero introdotti i Martiri. Quindi vi furono condotti quei Magnanimi che, come una lampada, tenevano in mezzo Sant’Eufemia. Il proconsole li interrogò dicendo: – Ditemi, giovani, voi che avete sperimentato i dolori, vi siete convertiti a fare offerte sacrificali al dio Marte, oppure no? –

5 – Ma quelli, all’unisono con la vittoriosa Eufemia, dissero: – Fino a quando, proconsole, tu vuoi restare nell’illusione e non ti liberi da quell’inganno che ti distoglie dalla conoscenza del Dio che ti creò? – Allora Prisco disse ai servi del diavolo: «Prendeteli a schiaffi e dite loro di obbedire ed offrire sacrifici al dio Marte». Allora i servi eseguirono prontamente gli ordini. Mentre li schiaffeggiavano i loro volti risplendevano sempre più; i visi dei servi, invece, sbiancavano e diventavano come quelli dei cadaveri. Allora Appelliano, condiscepolo di Satana, che aveva la mente bloccata da una diabolica follia, disse al proconsole: «Teniamoli sotto stretto controllo e avviamoli all’Imperatore». Questa proposta piacque al proconsole e a tutto il suo seguito, per cui ordinò che venissero riuniti nel cortile del carcere finché non li avesse avviato all’Imperatore. Costoro erano in quarantanove, e Sant’Eufemia era la cinquantesima.

6 – Una volta tradotti loro in carcere, giunse di corsa il proconsole, come un lupo della foresta che preda nel gregge, e ghermì Sant’Eufemia, ritenendo che, essendo egli un pusillanime, si sarebbe trovato di fronte ad un elemento dall’animo altrettanto debole. Ma l’innamorata di Cristo, provando tanta gioia e rivolgendo lo sguardo al cielo, disse: – Soccorrimi, o Cristo; infatti, la mia speranza è riposta in Te, Signore. – Allora Prisco, sentite queste parole, disse: – Rendi onore a te stessa e fa di non perdere l’onore che è dovuto al tuo sesso. Sebbene, in quanto donna, tu sia sedotta da ciò che dici, convertiti e offri sacrifici al dio Marte. – Ma la magnanima guerriera gli rispose: – Noi non siamo affatto preoccupati di salvaguardare il corpo che per natura è debole, ma ci sforziamo di conseguire la ricompensa per la sopravvivenza dello spirito e il coraggio nella lotta. Pertanto, sono presente con la mente e pronta a conseguire le promesse dei miei padri. – Allora il proconsole Prisco, indignato perché una donna ne ebbe il sopravvento, ordinò che venisse approntata l’apparecchiatura della ruota e che vi venisse collocata in mezzo, in modo che sottoposta a trazione e stremata, in breve tempo emettesse l’ultimo respiro. Ma quella, una volta collocata sulla ruota, fattosi il segno di croce, disse: – Oh, che scelleratezza! Quanti rivi di sangue Prisco, nemico della verità, fa scorrere! In realtà è un operatore di Satana a sovrintendere, macchinando con delle attività sleali, mosso dal diavolo contro gli onesti e portando compiutamente a termine il segreto dell’inganno perverso di suo padre. –

7 – E aggiungendo anche dell’altro, gli disse: – Avversario, criminale, ingannatore, credi a me: gli strumenti della tua attività malefica non toccano le membra della mia anima. infatti, avendo il mio aiuto in Cristo, con i maggiori ed abbondanti sforzi della mia lotta confido di raccomandare a tutti di resistere. – Detto questo, i carnefici fecero girare la ruota, per cui tutte le membra del [suo] corpo si spezzavano, ma ancora di più nello spirito sentiva di esultare. Allora cominciò a lodare Dio dicendo: – Signore, fonte di gioia per tutti, luce di verità, che concedi la tua misericordia a coloro che t’invocano, guarda dentro di me, umile e inutile serva, e salvami dal turbamento dell’empio e scellerato diavolo e dalle minacce di Prisco che ha in odio il bene. – Non appena ebbe detto quelle parole un angelo sceso dal cielo sfasciò la ruota, tolse ogni vigoria ai carnefici al punto che i loro visi cambiarono completamente di forma e la vincitrice ne venne fuori indenne tanto che tutti potessero notarne la vivacità.

8 – Allora il proconsole disse: – Per un’opportunità dell’Imperatore e il favore degli dei ti farò consumare nel fuoco affinché tu apprenda che da colui che tu veneri non ti perverrà alcun soccorso. – Sant’Eufemia rispose: – Tu mi minacci con il fuoco che dura poco nel tempo e presto di spegne, ma non sono così pusillanime da temere le tue minacce poiché, grazie alle sacrosante battaglie combattute per Cristo dagli uomini buoni, io metterò sotto i piedi la tua tirannia. – Il proconsole spaventato ordinò che venisse accesa la fornace in modo che la fiamma del fuoco si vedesse ben sette volte tanto e alcuni carnefici vi conducessero la Santa. Ma Sant’Eufemia, dal volto raggiante ed il corpo integro, si fermò e si mise a cantare: «Benedetto sei Tu, Signore, che sei nei cieli e leggi nel cuore degli umili, Tu che gli angeli e tutte le virtù celesti lodano, io, umile e meschina, Ti invoco; soccorrimi nella Tua bontà, fortificami con la forza del Tuo Spirito e mostra agli uomini dai cattivi propositi, nemici di Cristo, che Tu sei Dio, quel Dio che inviò il suo angelo ai tre fanciulli il quale spense il fuoco della fornace. Dunque, adesso volgi il tuo sguardo verso di me misera, mandami il Tuo aiuto e liberami dalla bocca del leone e dalla feroce predatrice e dalle minacce del proconsole, giacché il Tuo nome è terribile e glorioso nei secoli. Così sia».

9 – Dopo che ella disse queste parole, il proconsole mandò i carnefici perche la portassero via. Infatti, essi la tenevano in catene stando davanti alla fornace. Ma uno dei subordinati di nome Sostene, con la spada appesa alla cintura, si avvicinò al proconsole e gli disse: – Proconsole, manda me perché usi questa spada contro me stesso; giacché non posso stendere la mia mano contro quella Santa; infatti, davanti ai miei occhi vedo uno stuolo di persone che, portando degli splendidi abiti, la stanno attendendo. – Allo stesso modo il subordinato Vittore, resosi attentamente conto della situazione, sciogliendo la propria cintura gli disse: Ti prego, proconsole, liberami da quest’obbligo giacché è insopportabile per me toccare quella Santa. Infatti, davanti agli occhi vedo distintamente degli uomini che stanno sulla sommità della fornace i quali disperdono il fuoco e si intrattengono in modo che la Santa venga preservata dal fuoco. Allora il proconsole ordinò che detti uomini venissero sorvegliati e che gli altri subordinati si presentassero a lui.

10 – Allora si presentò un tale di nome Cesare ed un altro soprannominato Barbaro; costoro, presa quella splendida [giovinetta] ricolma di vittorie, la gettarono nel rogo, ma subito dopo la tirarono fuori […] gli sfolgoranti ministri di Dio, gli angeli della pace, e dispersero le fiamme, mentre uno di coloro che erano al servizio [del proconsole], di nome Cesare, morì nel rogo. La Santa stava in mezzo alla fornace come in un delizioso palazzo e, mentre guardava Cristo, con le braccia distese diceva: – Sia benedetto Dio, nostro Padre, perché […], Tu che, non disdegnando [di guardare] il mio volto, apristi gli occhi della Tua misericordia, Tu che hai fatto scendere [dal cielo] il timone della Tua pietà, Tu che hai incalzato il leone dello scellerato inganno, Tu che facesti rifiorire in me la Tua giustizia, Tu che con il Tuo Santo Spirito mi separasti dal serpente tenebroso, Tu che mantenesti sempre integri coloro che sperano in Te, mentre degnamente combatto davanti al Tuo sguardo, concedimi di meritarmi di raggiungere la vita eterna.– Dette lì queste cose, uscì dalla fornace raccomandando a Cristo, re di tutti [gli uomini] i servitori [del proconsole, Sostene e Vittore].


PARTE II

11 – Il proconsole immediatamente la mise in carcere dicendo: – Fino a domani resti in carcere intanto che valuto come farla morire. – Quindi andò via lodando Dio. Ma i magnanimi legionari di Cristo si compiacevano della battaglia della beata Eufemia e dicevano: – Benedetto nei secoli sei tu, Dio, Tu che consentisti che la Tua serva [Ti] offrisse in sacrificio se stessa unitamente ai suoi padri che con vivo piacere riconobbero la Tua divinità. – Allora il proconsole, ancora stando in tribunale, ordinò che vi venissero introdotti Sostene e Vittore ai quali disse: – Offrite sacrifici agli dei. – Ma quelli risposero: – Noi, proconsole, Tratti in inganno dal nemico misterioso cui tu presti il tuo servizio e al quale noi stessi stoltamente prima prestavamo il nostro, avevo perduto la speranza presso il vero Dio. Ora, grazie alla vittoriosa Eufemia, crediamo in Lui che squarciò le nostre tenebre, che può cancellare ogni impegno scritto contro di noi, liberarci dal nemico della verità e scrivere il nostro nome nel libro dei Santi. Quindi, porta a termine con zelo l’opera di tuo padre Satana e tortura noi che non siamo causa della tua scelleratezza, né delle disposizioni dei tuoi imperatori, né del tuo dio ignobile dal falso nome. –


12 – Ascoltati costoro, il proconsole ordinò che venisse preparata l’arena e vi fossero introdotti perché vi si scontrassero con le belve. Non appena furono condotti nell’arena tutti e due insieme dissero: – Signore Dio Onnipotente, Tu che sei grande e da temere, Tu che nel Tuo nome fai esistere ogni cosa, [come] l’ampiezza del mare, Tu che creasti la terra con un cenno della tua volontà, Tu che facesti splendere la luce e rischiarasti le tenebre, Tu che uccidesti il dragone e liberasti dal dolore della morte, rendici sottraici alla cattura da parte dell’omicida e concedici di ereditare, senza vergogna né fisica né morale, insieme alla pace, il Tuo santo Nome. – Immediatamente si udì una voce che disse: «Esaudii la vostra preghiera». E coloro che si erano raccomandati a Dio morirono. Quando il proconsole vide ciò, si alzò in piedi e si ritirò nel pretorio. Quindi i Cristiani sollevarono i corpi di [quei] Santi e li composero degnamente con onoranze.

13 – All’indomani il proconsole procedette all’interrogatorio di Sant’Eufemia. In verità costei usciva dal carcere come una straordinaria giovanetta di Cristo, con voce casta cantando così: – Per Te, Signore, canterò un canto nuovo sulla terra, Ti glorificherà, Signore, per le mie virtù, canterò per Te in mezzo a tutta la gente, scioglierò inni in Tuo onore ed erediterò il Tuo Regno. – Così cantando, ballando, glorificando e sciogliendo inni si recò in tribunale. Allora il proconsole le disse: – Fino a qual punto vuoi continuare la sfida e mandare te stessa in rovina? Infatti, il più grande degli dei sarebbe disposto a perdonarti purché tu lo adori. Quindi, dimostra la tua buona volontà e fai le offerte sacrificali: da viva sarai la nostra matrona. – Ma quella gli rispose: – Per la verità mi direi imbecille e stolta se obbedissi a realtà oscure e tenebrose, a coloro che per natura non sono divinità, se offrissi sacrifici senza motivo a demoni muti e sordi, mi considererei volubile, avversa alla verità di Cristo, appiccicata all’amore del serpente, e, mentre ti dai da fare a trarre dalla tua parte coloro che intendono vivere la propria vita secondo verità, tu avrai in eredità il Tartaro ed il fuoco inestinguibile. Ma così non sarà giacché il mio fondamento è Cristo il quale in momento mi sostiene. –

14 – Allora ordinò che venisse disposta un’apparecchiatura da incutere paura, munita di uno strumento di morte che trae in inganno, farvi venire la prigioniera di corsa e farvela sdraiare sopra in modo che, presa come un cinghiale selvatico, vi morisse, senza essere a conoscenza di ciò che stava succedendo. Dopo avere approntato lo scellerato tranello, giunse la Santa, lieta in volto: ne aveva subìto talmente tante da non farsi sopraffare da alcuna paura. Quando gli sgherri stavano per colpirla duramente, è stata portata via dagli angeli e cambiò di posto. Ma gli sgherri incapparono nella trappola dell’apparecchiatura e perirono. Così si compì quanto sta scritto: «Il peccatore è stato preso dall’attività delle sue stesse mani». La Santa, però, aperta la bocca, disse: – Dio, Tu conosci i nostri cuori, che custodisci il mistero della pietà, che doni tesori non soggetti suscettibili di essere portati via, che restaurasti i cieli, che gettasti le fondamenta della terra, che per mezzo di Gesù Cristo con la parola disponesti ogni cosa, che per Tua volontà facesti splendere la luce, che dal cielo mandasti il Tuo Figlio unigenito per liberare dal dolore della morte e per sconfiggere il principale responsabile delle scelleratezze, che assisti i Tuoi seguaci i quali, nel Tuo Nome, combattono con il diavolo, che sei la pietra angolare per quanti sono saldi nella fede, che Ti sei fatto mio aiuto per sempre, rendi libera la mia anima e, per le preghiere dei Santi che in carcere grazie alla Divinità trascorrono bene [i loro giorni] proteggi la Tua serva e mantienimi ricolma del Tuo Santo Spirito giacché Tu soltanto Ti degni di dimenticare i peccati, e preserva coloro che nei momenti della tribolazione sperano in Te.
15 – Dopo aver visto tutto ciò il proconsole ordinò che essa venisse tradotta in tribunale e le disse: – Eufemia, non sai che tu, appartenente ad una nobile ed importante famiglia, fosti tratta in inganno, continuasti a restare nell’errore e osasti tener testa a me che assolvo ai miei doveri di obbedienza nei confronti dell’Imperatore. Nonostante ciò, da donna saggia e rispettabile, asseconda il mio desiderio, perdona le violenze che ti sono state perpetrate a causa mia, sacrifica al dio Marte acciocché non si possa dire che appartieni ad una famiglia ignobile. – Allora quella, preparata nella dottrina di Cristo, disse al proconsole: – Perché il tuo viso è così duro e ricolmo di astuzia? Quale trappola è contenuta nelle tue parole! Belva vestita da pecora, ma che si accinge a dare la caccia all’avido lupo della foresta! Che discorso eloquente ma più amaro dell’assenzio! Non sarò così demente da rinunciare al tesoro della mia vita per farmi parte del piacere del diavolo! Pertanto, proconsole, non volermi trarre in inganno cercando di indurmi a rendere sacrifici a luridi demoni, e non costringermi a chiamarli dei. Come fanno ad essere divinità se non lo sono mai stati? Come fai ad essere così privo di senno se pensi che costoro siano simili ad un essere vivente giacché non ebbero mai la gioia dell’attività [spirituale] e della vita? E tu offri sacrifici a costoro? Affrettati, quindi, a fare ciò che è nella tua volontà. Infatti, è mio desiderio che, grazie ai tuoi strumenti di morte, io entri nello stadio eterno dove c’è un coro di angeli, dove Cristo, da perfetto giudice di gara, cinge di corone il capo di coloro che combattono per Lui, e dove lo Spirito Santo è suggello di verità. –

16 – Il proconsole adirato ordinò che venisse preparata per essere percossa con le verghe. Ma essa mentre veniva percossa, disse: – Uomo malvagio, le tue verghe non mi toccano. Tu sei un dissoluto e non disponi di alcun supporto: il tuo potere è sopraffatto e soverchiato dalla scelleratezza. – Però Appelliano, meditando uno scontro con il proconsole, ordinò che venissero disposte delle seghe affilate e delle grandi padelle, perché la giovanetta, mediante mezzi meccanici, venisse tagliata a pezzi da stendere nelle padelle in modo che tutte le sue membra venissero ridotte in cenere. Quindi vi furono approntate le apparecchiature e, quando giunse, Sant’Eufemia fu posta sulle seghe. Ma immediatamente le seghe si sono capovolte rovinando in terra e le padelle si sono raffreddate senza che alcuno di tali strumenti l’avessero toccata. Infatti gli angeli le erano accanto. Quanto il proconsole e Appelliano videro che la capacità di resistenza della seguace di Dio aveva la meglio, pensarono di ucciderla e, presa la decisione, disposero che venisse preparato il campo d’azione.

17 – Introdussero l’ancella nel campo. Questa, stando nel centro, pregava dicendo: – O Dio, coloro che T’invocano Ti conoscono. Quindi prendi la mia anima e, nello stesso modo in cui accettasti il sacrifico del nostro padre Abramo, accogli lo spirito della mia umiltà. – Ciò detto, si segnò [con il segno della Croce], invocando il nome del Signore. Liberati, i leoni balzarono fuori e baciarono le sue orme; analogamente le altre belve, una volta liberate, fecero la stessa cosa. Perché la battaglia del martirio della lottatrice avesse termine, una delle belve la morse, ma lei non riportò alcuna macchia bluastra sulla pelle. Intervenne una voce del cielo che diceva: «Sali, Eufemia, portati nel luogo santo; ricevi il tuo premio; portasti a termine il tuo percorso e mantenesti intatta la tua fede». Mentre ascoltava quella voce si verificò un gran terremoto per cui tutti erano agitati, ma la Santa diceva: «Signore, rendi all’empio proconsole secondo il suo cuore; assisti i tuoi servi». Dette queste cose, rese la sua anima a Cristo.

18 – Subito giunsero sua madre Teodosiana e suo padre Filofrone i quali rilevarono il corpo e lo seppellirono in una località circa un miglio distante da Calcedonia. Il proconsole, frattanto, inviò all’Imperatore gli altri innocenti ancora in carcere, unitamente ai loro carcerieri in modo che lungo il tragitto tutto fosse tranquillo. Infatti, si ammalarono e soffrirono moltissimo. Il martirio di Sant’Eufemia, a [maggior] gloria di Dio Padre, di nostro Signore Gesù Cristo, e dello Spirito Santo, fu compiuto il giorno 16 settembre. Per la gloriosa memoria di coloro che con devozione si ricordano della beata Eufemia poiché il comportamento rispettabile della sua vita ne fece una martire di Cristo, mentre in quel tempo era proconsole Prisco l’Europeo. Quindi, noi tutti che in nome del Signore celebriamo la memoria della Santa, glorifichiamo Dio Padre Onnipotente e adoriamo Gesù, Signore del cielo, della terra e di tutte le anime dei viventi, con lo Spirito Santo affinché, per le preghiere di costei che ha sul capo la corona della vittoria, con lei possiamo aver parte del Regno dei cieli, giacché a Lui si addice la gloria ora e sempre, nei secoli dei secoli. Così sia.


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