Antonino Fedele


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Nel Sud del Sud

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Giovanni Bonomi, Nel Sud del Sud

Editore: Centro Studi «Villa Perlasca»
Pubblicazione: Brescia, 1975
Descrizione fisica: p. 157; cm.15x23.

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Presentazione
di Antonino Fedele


    Insieme all’Autore di questa singolare pubblicazione ho trascorso di recente qualche tempo presso un Istituto scolastico sul Garda, Egli nella veste di preside ed io in quella più ingrata di commissario governativo.
    Non c’è stato certo disagio nel nostro incontro, ma un reciproco e costante riconoscersi attraverso le comuni considerazioni e le comuni speranze per il mondo della Scuola, per quello che oggi essa è e per ciò che di meraviglioso potrebbe, invece, divenire per gli uomini.
    Da parte mia avevo avuto il piacere di conoscere Giovanni Bonomi ancora anni addietro in occasione di una Sua relazione sull’ecumenismo; sapevo delle Sue numerose pregevoli pubblicazioni, alcune delle quali di altissimo livello scientifico nel campo delle scienze umane ed altre ricolme di tanto calore da scaldare l’universo; sapevo che, durante i lunghi anni trascorsi sotto le armi, là dove più violento divampava il furore della seconda guerra mondiale si era meritata la medaglia d’argento al valor militare per la Sua opera altamente umanitaria, e sapevo anche che il Ministro Segretario di Stato per la Pubblica Istruzione l’aveva insignito di quella d’oro per i Suoi meriti scolastici.
    Ma, mentre gli parlavo, da parte Sua sembrava mi avesse conosciuto da sempre, mi avesse visto nascere, crescere, diventare adulto, affrontare l’impatto con la vita, prima tra la mia gente e poi tra quella di ‘un’altra Italia’, quella settentrionale in cui Egli è nato, posta a mille miglia lontano dalla terra in cui sono nato io.
    Sembrava conoscesse uno ad uno i luoghi che mi avevano visto bambino, che avesse stretto personalmente una ad una le mani che mi avevano accarezzato fanciullo, che conoscesse i sapori delle erbe di cui mi ero nutrito, il profumo dell’aria che avevo respirato, le difficoltà che avevo dovuto superare, da solo, senza alcuno che mi potesse dare una mano se non ricongiungendola all’altra in un’accorata preghiera di fede.
    Sono nato sulle falde dell’Aspromonte io, ed Egli, lombardo, dell’Aspromonte e di quella gente aveva percepito e capito non solo l’essenza, ma anche le sfumature, al di sopra delle solite generalizzazioni, collocando nella miseria antica la causa dei mali che tuttora la travagliano.
    E fu quando gli «dicevo che è ancora troppo quello che sono riuscito a combinare con tutti gli inconvenienti con cui sono partito: meridionale, povero … » che, senza lasciarmi il tempo di terminare la frase di Alvaro che inavvertitamente stavo facendo mia, tirò fuori dal cassetto della scrivania il manoscritto di questo lavoro e me lo consegnò perché ne curassi la presentazione ai lettori.
    Non so se sia rimasto più lusingato dalla predilezione o più curioso di leggervi cosa avesse potuto scrivere sulla mia terra, ma lo presi e lo lessi avidamente: ne sono rimasto sconcertato, tanta è la suggestione per la squisitezza dei sentimenti che lo pervadono, l’obiettività delle considerazioni e dei giudizi, l’acutezza dell’indagine su uomini e cose.
    E mi sovvenni subito di tutti i concetti espressi prima, nella relazione sull’ecumenismo.
    Quando l’Italia è stata ‘fatta’ qualcuno ha anche detto che bisognava ‘fare’ gli italiani, ma sono passati molti decenni, o forse un secolo, da allora ed oggi tutti sono pronti a ritenere che siano stati i governi succedutisi a non aver saputo ‘fare’ gli italiani. Ben pochi sanno rendersi conto che fino a quando non ci si saprà stimare per quel che certamente ciascuno di noi ha in sé di buono, fino a quando non ci si saprà amare come figli della stessa unica madre e non si sarà demolito il muro di incomunicabilità che gli uomini, altrettanti babilonesi, sembra vogliano erigere tra loro nella stessa patria, le ‘Italie’ rimarranno ancora due, lo spirito del Risorgimento sarà ancora lontano, ed inutilmente inneggeremo al progresso.
    L’uomo, mettendo a dura prova le possibilità che la scienza gli offre, parte indomito per conoscere altri mondi, pretende di incontrare altri esseri sulle vie del cielo e non conosce ancora le vie della terra, quelle che lo conducono all’altro uomo.
    Percorre solitario milioni di chilometri tra gli spazi siderei e non sa che a pochi passi da lui l’attende la gioia più grande, quella che potrebbe derivare dalla conoscenza dei suoi fratelli che gli stanno accanto, con i quali condurre, in comunione di interessi e di affetti, una vita di concordia e di pace.
    In Calabria Giovanni Bonomi questa gioia l’ha potuto gustare perché ha conosciuto e capito nella loro realtà quella gente e quei luoghi.
    Sia nel bene che nel male c’è sempre qualche cosa che accomuna il destino di un uomo a quello del suo simile, e questo Giovanni Bonomi l’ha saputo riscoprire anche nel Sud del Sud di quest’Italia che anela a ritrovare la sua serenità in un abbraccio cristiano di operoso e fecondo amore tra tutti i suoi figli.

    Brescia, 7 luglio 1975



N.B. - Su questo lavoro hanno scritto:

dott. Pasquale Cristarella, in Nord chiama Sud pubblicato dal «Corriere di Reggio» del 7 dicembre 1975: «La RaiTv mi consenta di utilizzare il titolo della sua nota rubrica televisiva, perché ritengo che questa volta il Nord stia davvero chiamando il Sud ed è doveroso rispondere. […] Dalle pagine di questo libro credo che l’anima di Reggio e dei suoi abitanti l’abbia capito soltanto l’Autore il quale nella prima pagina scrive: "Della Calabria e dei suoi abitanti non avevo una buona opinione; della Calabria e dei suoi abitanti ho una buona opinione"».




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