Antonino Fedele


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Elementi di diritto, economia ed istituzioni straniere

Opere proprie

Opere proprie                                                                                    



Antonino Fedele, Elementi di diritto, economia e istituzioni straniere
(Testo scolastico ad uso dei licei linguistici)

Editrice: Juvenilia.

Pubblicazione: Bergamo, 1987, I ristampa 1980.
Descrizione fisica: p.380; cm. 16,5x24.
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Premessa dell’autore.


    Considerato che gli uomini, nell’ambito dell’ordinamento naturale che regola la vita dell’intero universo, allo scopo di soddisfare nel modo più adeguato ai loro bisogni esistenziali connessi con la vita di relazione in seno ai corpi sociali di cui fanno parte, hanno ritenuto opportuno porsi delle norme di comportamento dando luogo così, in rapporto al tempo e allo spazio in cui hanno vissuto e operato, a una variegata serie di ordinamenti positivi ormai più o meno consolidati, non si vede come in un corso regolare di studi medio-superiori si possa prescindere dalla conoscenza, seppur sommaria, di una simile realtà il cui contatto diretto consentirebbe di offrire a tutti i giovani, dato che il loro compito primario è quello di attendere alla propria formazione morale e civile, il più valido strumento di crescita umana e di partecipazione consapevole, sia come singoli sia come membri attivi delle formazioni sociali e politiche in cui essi, naturalmente o elettivamente, si ritrovano a svolgere la loro personalità.
    D’altra parte non si può negare che la sede naturale per l’acquisizione di tale conoscenza debba essere proprio la Scuola e che, in una società organizzata sulla base dei principi democratica, a farsi garante delle condizioni necessarie perché ciò sia reso possibile debba esse a sua volta lo Stato il quale, pertanto, indipendentemente dal tipo di gestione che di volta in volta avrà ritenuto opportuno conferire all’attività scolastica in relazione alle esigenze dei vari momenti storici, per quanto concerne i programmi di studio non può esimersi dal fornire le dovute indicazioni contenutistiche senza lasciare, come sta accadendo da un quarantennio a questa parte, troppo spazio alla libera iniziativa delle singole istituzioni scolastiche o dei singoli docenti, non tutti istituzionalmente preparati a tale particolare ma fondamentale necessità.
    Certamente, prima ancora che della gestione della scuola, è necessaria una ridefinizione soprattutto dei programmi di studio e una revisione degli strumenti e dei criteri sia di verifica che di valutazione; ma siccome ciò presuppone la massima chiarezza di vedute sulle finalità ultime da perseguire e, quindi, sulla prefigurazione del modello di società del prossimo domani, in attesa della relativa determinazione, che ormai perdura da qualche generazione, la Scuola medesima è stata costretta ad operare sulla base di una gestione rinnovata soltanto in parte e di programmi non più in linea con i tempi e, ancor peggio, a realizzare iniziative di carattere didattico talvolta anche improvvisate, con il rischio che, se ritenute peregrine, venissero sconfessate dalle autorità preposte alla vigilanza, o che, se ritenute di una certa validità, tutt’al più venissero registrate come episodi isolati, senz’altro degni di ogni lode ma avulsi dal contesto generale e, quindi, destinati a sperdersi nel gran mare della confusione dominante caratterizzata, appunto, dalla presenza di alcune avanguardie da una parte di un certo massimalismo dogmatico e dall’altra di certo scetticismo qualunquistico ampiamente diffuso a tutti i livelli.
    Forse che decisione che si è intesa adottare sia stata proprio quella di non decidere alcunché, in modo da far sì che le indicazioni tanto attese pervenissero dalla stessa società che, invece, ne dovrebbe essere la destinataria? Da parte mia non voglio crederlo perché in tal caso vorrebbe proprio dire che si manca della sensibilità necessaria per comprendere appieno la logica delle cose e del coraggio indispensabile per operare scelte che indubbiamente richiedono fermezza, determinazione e alto senso di responsabilità, ma che possono costituire svolte di segno positivo di tale portata che la storia non potrà non registrare.
    A mio avviso, piuttosto, la situazione in cui versa la Scuola – e non soltanto quella italiana – è a un tempo causa ed effetto del medesimo fenomeno da attribuire allo scarso interesse dimostrato nei suoi confronti dal momento che si è inteso privilegiare anche nel suo seno ben altri aspetti della vita sociale, la cui impellente rilevanza si è rivelata in parte soltanto fittizia e apparente. E allora perché non rivedere le varie posizioni con occhi finalmente disincantati e in campo scolastico non cominciare a distinguere e, per esempio, a separare nettamente, anche ai più alti livelli, la funzione didattica da quella amministrativa, in modo da evitare che il ruolo proprio della Scuola continui a confondersi o a essere comodamente confuso con quello di qualsiasi attività imprenditoriale? Perché non volere ammettere che la più perniciosa forma di schiavitù, qual è quella che deriva dall’ignoranza, vale anche per la scarsa dimestichezza da parte delle giovani generazioni con il fatto istituzionale in genere e con le istituzioni in particolare? Non è forse tempo, ormai, di darsi da fare perché venga letteralmente colmato il fossato esistente tra le pubbliche autorità e il privato cittadino il quale, altrimenti, è ben difficilmente disposto a riconoscere che le norme che è tenuto a rispettare in fondo sono le stesse che egli liberamente si è dato?
    Ma queste sono considerazioni di ordine ben diverso e certamente non è questa la sede più opportuna per intrattenervisi. Qui mette conto sottolineare, invece, che l’intendimento di questo lavoro – che pur trae la sua ispirazione da tali considerazioni – non è quello di rispondere a simili domande, peraltro tanto spontanee legittime, né tanto meno di anticipare a tutti i costi quelle che potranno essere le delibazioni che eventualmente andrà ad adottare in proposito il legislatore o di tentare di condizionare in qualche modo le scelte che esso autonomamente andrà a operare.
    Con queste pagine, infatti, mi propongo soltanto di offrire un modesto contributo alla meritoria attività educativa e formativa che tanti docenti, in un contesto sociale sia interno che internazionale in rapida trasformazione, quotidianamente si ritrovano a dovere svolgere in condizioni non sempre agevoli né facili, e di fornire nel tempo stesso ai discenti un motivo di riflessione e una traccia di riferimento perché abbiano ad accostarsi il più proficuamente possibile ad una materia dai contenuti interessanti ed imprescindibili per la vita di relazione, la cui assimilazione è sempre data per scontata dalle altre discipline ma che, invece, in quanto esse consistono nel risultato delle plurimillenarie esperienze cui via via tali discipline hanno conferito l’apporto della loro speculazione, in effetti scontata non è.
    Avvicinare i giovani alle istituzioni significa far sapere loro che esse non operano al di sopra delle loro teste, ma fa conoscere loro le regole più autentiche del gioco democratico ed educarli alla partecipazione; significa far prendere loro gradualmente coscienza che non esiste soluzione di continuità tra la storia già scritta sui libri di scuola e quella che si scrive sui giornali, che essi, peraltro, vivono quotidianamente, spesso senza riuscire a cogliere le realtà che stanno dietro a quelle righe; significa chiarire subito il concetto di unitarietà della cultura e fare acquisire la consapevolezza che i contenuti di ogni singola disciplina – specialmente se di carattere scientifico o tecnologico – così come vengono appresi sui banchi di scuola, non sono di per sé esaustivi perché non costituiscono il fine cui le discipline medesime sono ordinare ma un semplice approccio da collocare al giusto posto secondo le giuste dimensioni nel più ampio quadro programmatico della formazione culturale ed umana di chiunque vi si accosti.
    In verità lo spunto per la compilazione di queste pagine mi è stato offerto dal testo delle indicazioni fornite dallo stesso Ministero della Pubblica Istruzione quando, con D. M. 31 luglio 1973, sono stati approvati i programmi di massima per i licei linguistici. Però, tenuto conto del fatto che i licei linguistici esistenti, ancorché legalmente riconosciuti, sono tutti a gestione privata, che la disciplina qui trattata vi figura tra quelle opzionali e che comunque la frequenza delle relative lezioni è limitata solo due ore settimanali, si può ben dire che quello è stato il primo passo che, seppure timido, può ritenersi molto significativo per cominciare ad impartirne l’insegnamento in tutte le scuole secondarie di secondo grado, e ciò anche se i risultati stanno tardando a venire, dal momento che soltanto in pochi ancora hanno colto l’importanza che esso riveste nel quadro della formazione dei giovani, sia sul piano culturale vero e proprio che su quello morale e civile, di cui la Scuola è ovvio che debba farsi preciso carico.
    Sarò, pertanto, grato ai Colleghi se vorranno accogliere questo lavoro in tutta la sua umiltà e proporlo ai loro discenti tutt’altro che come un punto d’arrivo oltre il quale non c’è altra strada da percorrere, ma come un’affettuosa sollecitazione perché abbiano a liberarsi dal pressapochismo che talvolta sembra caratterizzare la loro preparazione e perché abbiano ad accostarsi al mondo istituzionale con la massima serenità, ma anche con altrettanta serietà di metodo e d’impegno, sforzandosi soprattutto di indagare l’intima ragion d’essere delle varie strutture in modo da potere discernere con maggiore cognizione di causa il cospicuo patrimonio di civiltà giuridica a noi trasmesso da quanti ci hanno preceduto.

Brescia, 15 ottobre 1986





N.B. – Su questo lavoro hanno scritto:

« Snals Scuola » del 26 giugno 1987: «[…] Questo testo s’impone all’attenzione dei lettori con i caratteri dell’originalità in quanto l’Autore, mettendo a disposizione un prezioso strumento di lavoro, intende rivolgersi soprattutto ai docenti di storia dell’ordine classico, scientifico, magistrale e [specificamente del liceo] linguistico moderno nel cui ambito una trattazione organica di tali argomenti è da ritenersi ormai indispensabile perché fornisce ai discenti quelle conoscenze di carattere istituzionale relative all’organizzazione sociale e politica nazionale e internazionale in cui giorno dopo giorno essi attendono alla loro formazione culturale ed allo svolgimento integrale della loro personalità».






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