Antonino Fedele


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Considerazioni di fondo su alcuni diritti negati

Opere proprie

CONSIDERAZIONI DI FONDO SU ALCUNI DIRITTI NEGATI     

di Antonino Fedele
(in «Lettere al direttore» pubblicato su «La Voce del Popolo» del 27.10.2006)


    Gent. Direttore,

    ricordo che in occasione di un seminario sui diritti negati organizzato dall’UNICEF ancora nel 1977 il noto pediatra-educatore recentemente scomparso, Marcello Bernardi, nella sua relazione ha avuto modo di osservare che la condizione nella quale la maggior parte dei bambini, oggi come allora, è costretta a vivere la propria vita, sia quella di una fastidiosa appendice, cioè di qualcosa che fa perdere tempo, tra un impegno e l’altro, ai loro genitori.
    Dopo avere puntato sulle storture della società del benessere, infatti, l’illustre relatore ha poi proseguito affermando che la prima negligenza degli adulti nei confronti dei bambini, di cui non sanno né intendono impegnarsi a decifrare il linguaggio usato soprattutto nei loro giochi, è quello della distrazione; pertanto, la sola ricetta che egli dice di essere in grado di dettare per prevenire i gravissimi inconvenienti che ne derivano, peraltro valida per gli analoghi guasti cui si suole assistere in altri ambiti della quotidianità, è quella di modificare la cultura del potere e del dio Denaro, imperante in questo nostro tempo caratterizzato precipuamente da uno stato di pericolosa incertezza e d’insopportabile angoscia.
    Nel rilevare che sull’esattezza della diagnosi e della prognosi qui riassunte, e sulla terapia conseguentemente suggerita non c’è da nutrire alcun dubbio, viene subito da considerare: se è vero che per ogni uomo è istintivo voler sempre vincere e mai perdere, è altrettanto vero che per conseguire la vittoria è più facile misurarsi con i più deboli, con i quali, per ciò stesso, la vita sembra maggiormente accanirsi.
    Ma chi è più debole di un bambino? A questo punto, però, forse c’è di che lasciarsi tentare di pensare che gli adulti utilizzino i loro rapporti con i bambini come occasione privilegiata per esercitarsi alla perpetrazione della prepotenza e della sopraffazione o, peggio ancora, per sfogare tutta la rabbia delle proprie frustrazioni. D’altronde, quali diverse ragioni possono essere addotte per spiegare gli innumerevoli atti di violenza di ogni genere che a tutte le latitudini vengono quotidianamente compiuti, sia singolarmente sia collettivamente, a carico dei bambini?
    I bambini non sono forse degli adulti in attesa di crescere? E, a loro volta, gli adulti forse non sono stati dei bambini che si ritengono già cresciuti mentre molto spesso dimostrano di non esserlo abbastanza? Ma di quale crescita si può parlare in una società tendenzialmente costituita da sopraffattori e da sopraffatti piuttosto che da educatori e da educandi? Il fatto è che se lo Stato con le proprie leggi non si faccia carico di rispondere adeguatamente a simili domande purtroppo sta a significare che il legislatore di cui dispone continua a sottovalutare la portata delle problematiche che ne conseguono. Eppure le affermazioni di principio non mancano né nella Carta costituzionale né nell’apposita Carta dei diritti del bambino!
    Non si può certo negare che alla sua attenzione si presentano problemi la cui soluzione, data l’impellenza che li caratterizza, non può essere differita, ma ciò non giustifica né consente che per rincorrere situazioni contingenti si debba perdere di vista la maggiore importanza che, invece, rivestono i problemi di fondo. Se si tenessero nella dovuta considerazione e si risolvessero tali problemi, infatti, seppure a medio e fosse anche a lungo termine, si eviterebbe che certe situazioni non solo non si ripresentassero, come puntualmente accade con cadenze quasi cronometriche ma, cosa ancor più importante, che la gente molto pericolosamente finisse per convincersi dell’ineluttabilità della relativa presenza.
    Da troppo tempo, cioè da quando la famiglia, demagogicamente incoraggiata da una politica dissennata, ha cominciato a delegare ad altri quelli che sono i suoi compiti precipui, sono molte le cose che non vanno per il verso giusto: ormai la Scuola ha toccato il fondo giacché non è in grado di assolvere alla propria funzione e da quasi mezzo secolo non si fa che passare da una riforma o da una sperimentazione all’altra, mentre il personale docente, con provvedimenti che si susseguono ininterrottamente in senso sempre più restrittivo, viene analogamente messo in condizioni di perdere quel minimo di entusiasmo necessario per l’esercizio della propria missione; chi detiene il potere dell’utilizzazione delle reti radiotelevisive sia pubbliche sia private, cedendo alle varie pressioni di ordine non soltanto economico, si rivela sempre più impotente a porre un freno a certe trasmissioni sfasciacoscienze; l’amministrazione della giustizia in moltissimi casi sembra essere diventata l’amministrazione della più bieca tra le ingiustizie che gli uomini possano subire, come la leggerezza o la smaccata partigianeria con cui s’iniziano, si conducono e si concludono certe indagini, o la lungaggine che caratterizza la celebrazione dei vari processi.
    E tutto ciò senza tenere adeguatamente presente che il gettito delle entrate fiscali, tra le pieghe di leggi sostanzialmente incostituzionali, è utilizzato per fronteggiare le spese militari o quelle necessarie, ad esempio, per gli aborti volontari, offendendo, così, la coscienza di gran parte dei cittadini, mentre, d’altro canto, nel tempo stesso vengono ridotti i fondi da destinare alle varie attività di ricerca, sia scientifica sia tecnologica.
    Alla luce di considerazioni di questo genere, peraltro non del tutto gratuite né peregrine, non si dovrebbe far fatica a rendersi conto che ogni problema ha una radice e che è a tale radice che bisogna rivolgere tutta l’attenzione, senza minimamente lasciarsi prendere dal panico ma sfoderando tutto il coraggio che il caso di volta in volta richiede.
    Non è forse vero che la società civile è costituita da uomini i quali, a loro volta, sono stati dei bambini? Non è forse vero che, puntando tutto sui bambini e sulla tutela dei loro diritti inviolabili, a cominciare dal diritto alla vita sin dal momento del loro concepimento, si gettano le basi sulle quali poggiare la serietà e la responsabilità della società di domani? Ebbene: i fatti, purtroppo, sembrano dimostrare in modo lapalissiano che è proprio difficile condividere una simile tesi, giacché il comportamento che viene tenuto a tutti i livelli ne è la più ampia dimostrazione.
    Oltre al diritto alla vita mentre è ancora nel seno materno, ogni bambino ha diritto alla dignità e al rispetto che spetta a ogni essere umano: quando con la violenza gli si fanno versare le prime lacrime, si è già inculcata nel suo spirito la tristezza, la vendetta, l’ipocrisia; allora in lui sparisce per sempre «la visione ridente e ingenua della vita», come osservava lo scrittore spagnolo José Martinez-Ruiz. Giacché ancora privo di esperienza, il bambino non può avere il senso né del passato né del futuro, ma si rende esattamente conto del suo presente che percepisce in modo nitido e che, pertanto, interiorizza e memorizza indelebilmente perchè vero e autentico, a differenza degli adulti che, invece, sovrabbondano di ogni genere di pregiudizi.
    Fosse vero che gli adulti una volta tanto si sforzassero di vedere il mondo con gli occhi di un bambino! Allora si spiegherebbero il vero senso dell’espressione di Gesù: Lasciate che i piccoli vengano a me!


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