Antonino Fedele


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Parafrasi di quattro componimenti del Canzoniere di Francesco Petrarca

Opere proprie

    PARAFRASI                                                                                                          
    di Antonino Fedele

    FRANCESCO PETRARCA, Quattro composizioni del Canzoniere.

    Premessa

    Francesco Petrarca nacque il 20 luglio 1304 ad Arezzo e morì il 19 luglio 1374 ad Arquà, ora Arquà Petrarca, (Padova). All'età di ventisei anni, abbandonò gli studi giuridici, che stava seguendo a Bologna, e tornò ad Avignone (Francia) dove era già stato a seguito del padre che, per la sua attività professionale presso la curia pontificia, vi si era trasferito con la famiglia.
    Qui si dedicò alla carriera ecclesiastica e, ricevuti gli ordini minori e impegnatosi a osservare sia il celibato che a recitare l'ufficio, accettò di mettersi al servizio della famiglia Colonna. Questa sistemazione gli consentì di godere di molto prestigio e di molta libertà nonché di ricevere, altresì, un influsso notevolmente positivo sulla propria formazione sia culturale che politica, giacché, in un'epoca densa di eventi, poté approfittare delle numerosissime occasioni che gli si presentarono ai fini di uno scambio intellettuale non solo con le numerose personalità che frequentavano i Colonna in Avignone, ma anche con quante ebbe modo di incontrarne nel resto della Francia, dove gli capitava spesso di doversi recare. Dopo la morte del card. Giovanni Colonna, interrotto temporaneamente ogni rapporto con Avignone, si trasferì a Parma, sede dalla quale, per ragioni professionali e di studio, effettuò numerosi ed importanti viaggi e soggiorni presso varie città e varie corti italiane ed europee, dove poté esercitare un'intensa attività sia di carattere intellettuale quale fine umanista, e sia quale accorto consigliere politico.
    Il Petrarca, però, fu soprattutto uno scrittore, poeta e umanista e, in quanto tale, ci lasciò numerose opere, ma, nonostante, come tutti gli eruditi del suo tempo, egli si considerasse più che altro un autore di lingua latina - tant'è che venne incoronato Poeta in Campidoglio per il poemetto Africa scritto, appunto, in latino - ricoprì un ruolo essenziale per lo sviluppo della poesia in volgare. Infatti, l'opera per la quale è universalmente conosciuto è il suo Canzoniere, in volgare, costituita da 366 liriche (una per ogni giorno dell'anno + 1 a mo' di introduzione), di cui 263 composte prima della morte di Laura, che incontrò in Avignone il 6 aprile 1327 nella chiesa di S. Chiara innamorandosene, e 103 dopo la morte. Si tratta di ben 317 sonetti, ma vi si trovano anche 29 canzoni, 9 sestine, 7 ballate, e 4 madrigali, i quali, tra illusioni e disillusioni di un amore non corrisposto, esprimono i relativi stati d'animo del loro Autore.
    In questa sede di tale Canzoniere si ritiene opportuno proporre la parafrasi soltanto di un sonetto e di tre canzoni, cioè delle quattro composizioni che, da sole, dell'ampio testo cui appartengono e, quindi, dei maggiori interessi del Poeta, bastano a dirci l'essenziale: l'introduzione all'intera opera (il primo sonetto), l'amore (la canzone Chiare, fresche e dolci acque …), la politica (la canzone All'Italia) e la religione (la canzone Alla Vergine).


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I) Sonetto n. 1: Voi ch'ascoltate in rime sparse il suono …


    Presso di voi che, in composizioni liriche tra loro non coordinate, ascoltate l'espressione di quei turbamenti spirituali di cui nutrivo il mio cuore durante la mia prima giovinezza, quando ero un uomo in parte diverso rispetto a quello che sono attualmente, cioè quando mi prefiguravo una falsa rappresentazione della realtà delle cose, se c'è chi, per averlo provato, intenda cosa sia l'amore, spero di trovare pietà e perdono per la varietà dello stile in cui sono andato manifestando le mie sofferenze e le mie riflessioni. Ora mi rendo ben conto come per lungo tempo da parte di tutta la gente sia stato oggetto di molte chiacchiere, per cui, in presenza del mio farneticare, non posso che provare vergogna, pentirmi e riconoscere chiaramente che il piacere provato in questo mondo è un breve sogno.



    
II) Canzone n. 126: Chiare, fresche et dolci acque …


    Chiare, fresche e dolci acque in cui immerse le bella membra colei che unica a me sembra degna di essere ritenuta donna, tronco delicato che si compiacque di far d'appoggio al suo bel fianco - lo ricordo con grande rimpianto -, erba e fiori che ricoprirono la sua splendida gonna e il suo seno angelico, giacché Amore con i begli occhi mi aprì il cuore, ascoltate tutti insieme le mie ultime tristi parole. Se è scritto nel destino - e pare che in ciò il Cielo si dia un bel da fare - che Amore piangendo chiuda questi occhi, per qualche disposizione divina avvenga che il mio misero corpo sia sepolto tra voi, e l'anima torni libera in cielo. La morte sarà meno dolorosa se porterò con me questa speranza fino all'ora paurosa del trapasso, poiché l'anima stanca giammai potrebbe lasciare il corpo travagliato [da tante angosce] in uno stato di quiete maggiore e in una sepoltura più tranquilla.
    Forse capiterà che un giorno lei, selvaggia e crudele come una fiera, ritorni ammansita nel luogo consueto, e, raggiante e desiderosa di rivedermi, volga lo sguardo e, là dove mi vide nel giorno benedetto dell'incontro, mi cerchi. Oh spettacolo miserando! Amore notando, tra le pietre sepolcrali, che sono ridotto in polvere, con tanta dolcezza la ispiri ad impetrare misericordia e, asciugandosi gli occhi con il bel velo, cerchi di forzare la giustizia divina.
    Dai bei rami scendeva - è dolce ricordarlo - una pioggia di fiori sul suo grembo, ed ella, già coperta da tal pioggia che ispira amore, umilmente si sedeva tra tanta gloria; qualche fiore cadeva sulla parte estrema dell'abito, qualche altro sulle trecce bionde che quel giorno a vederle sembravano d'un colore giallo brillante come le perle, qualcuno si posava in terra, qualcun altro sull'acqua e qualcun altro ancora, volteggiando nell'aria, pareva volesse dire: - Qui regna Amore -. Allora, quante volte, pieno di stupore, io dissi: - Certamente costei è nata in Paradiso! - Il suo portamento quasi divino, il suo volto, le sue parole e il suo dolce sorriso mi avevano fatto dimenticare il luogo dove mi trovavo e mi avevano fatto allontanare talmente dalla realtà che credevo di essere in cielo, non là dove mi trovavo, per cui sospirando dicevo: - Come feci a venire qui? e quando vi giunsi? - Da quel momento in qua questo luogo mi piace tanto che altrove non ho pace.
    Se tu, [mia canzone], avessi tanti ornamenti quanta grande è la tua voglia, potresti coraggiosamente uscire dal chiuso e andare tra la gente.



    
III) Canzone n. 128: All'Italia


    Italia mia, nonostante le parole siano inutili, perché non possono arrecare alcun sollievo alle piaghe mortali che rilevo così numerose sul tuo bel corpo, mi fa piacere credere che almeno i miei sospiri coincidano con quelli sperati dal Tevere, dall'Arno e dal Po (indicazioni geografiche che rappresentano tutti gli Italiani), dove in questo momento mi trovo (la città di Parma). Rettore del Cielo, io chiedo che la stessa pietà che Ti ha indotto a venire sulla Terra faccia rivolgere le Tue cure al Tuo amato e nobile Paese. Signore generoso, osserva quali futili motivi possono far scatenare una guerra tanto dolorosa, per cui Tu, Padre, intenerisci e libera i cuori che il fiero Marte (dio pagano della guerra) indurisce e tiene stretti, e nel tempo stesso fai in modo che la Tua verità, chiunque io sia, vi giunga attraverso le mie parole.
    Voi, nelle cui mani la sorte ha posto il governo delle belle contrade delle cui condizioni non pare che vi interessi alcunché, cosa fanno qui tante soldatesche straniere? Perché questo bel territorio viene insozzato di sangue barbarico? Siete allettati da un errore illusorio: avete la vista molto corta e vi pare di vedere molto lontano giacché cercate attaccamento e fedeltà in un cuore che opera solo per avidità di denaro. Chiunque dispone di una gran quantità di truppe è circondato da un maggior numero di nemici. Oh grande accozzaglia di soldati reclutati in terra straniera per inondare, come per un diluvio, i nostri dolci territori! Se questo è stato fatto su nostra iniziativa, ora chi potrà salvarci?
    La Natura ha ben provveduto alla nostra situazione quando, a difesa, tra noi e il furore tedesco ha posto la catena delle Alpi; ma la cieca cupidigia, decisamente contraria al proprio interesse, si è poi tanto ingegnata che al corpo sano ha procurato malanni. Ora, nella stessa gabbia, coesistono moltitudini di persone miti e di bestie feroci, e a maggior dolore sta il fatto che costoro sono i discendenti di un popolo barbaro ("senza legge") al quale, come si legge (nei testi storici), Mario (Gaio Mario, generale e politico dell'antica Roma) ha inferto tali colpi e tali danni che, quand'era stanco, per dissetarsi dal fiume si ritrovava ad attingere più sangue che acqua, e la memoria dell'impresa è tuttora viva!
    Per non parlare di Cesare (Gaio Giulio Cesare, generale, dittatore e scrittore romano) il quale (con il sangue del nemico) ha arrossato ogni territorio dove si è recato e vi ha portato le nostre armi. Ora, non so per quale sorte avversa, pare che il Cielo ci abbia in odio; e questo grazie proprio a voi, in cui si è tanto confidato: le vostre brame divise hanno gravemente danneggiato la più bella parte del mondo. Di quale colpa si è reso responsabile, quale giudizio di condanna può essere stato emesso nei suoi confronti, quale sorte si può riservare al vicino non abbiente per dovergli arrecare delle molestie, per cercare di appropriarsi delle sue povere sostanze sparse di qua e di là, e arruolare mercenari altrove (fuori d'Italia) pretendendo che mettano a repentaglio la propria vita e vendano la propria anima per denaro? Dico questo non perché io abbia in disprezzo chi esercita il mestiere delle armi, ma perché corrisponde alla verità.
    Dopo tante esperienze ancora non vi accorgete dell'astuzia fraudolentemente usata dai bavaresi per ingannarvi? Costoro, di fronte alla morte, fanno un cenno con la mano e passano dalla parte di coloro contro cui avrebbero dovuto compiere l'impresa. A parer mio, la beffa è peggiore del danno; ma il sangue nelle vostre vene affluisce con impeto e in gran quantità poiché siete stimolati da ben altra rabbia. Pensate un po' (letteralmente: dal primo mattino alle 9,00) e vi renderete conto da soli di quanto possa tenere alla salvezza altrui chi tiene in scarsa considerazione se stesso.
    Italia, nazione dai sentimenti elevati, lìberati di questi dannosi pesi, non far diventare un idolo ciò che, invece, non corrisponde ad una realtà reale: che la violenza di questa gente (della Bavaria, dove venivano operati i reclutamenti mercenari) soverchi la nostra intelligenza è una nostra colpa e non qualcosa di naturale.
    Non è questa la terra dove sono nato, non è questa la comunità dove sono stato allevato con tanto amore, non è questa la patria dove mi sento al sicuro, madre comprensiva e amorevole, dove sono sepolti entrambi i miei genitori? In nome di Dio, una volta tanto vogliate considerare tutto ciò, e guardate con rispetto e amore alle lacrime del popolo infelice che, dopo Dio, da voi spera la pace. Allora, purché diate qualche segnale di compassione, il valore cingerà le armi contro la bruta violenza e lo scontro sarà di breve durata, perché nei cuori degli Italiani l'antica energia morale non si è ancora spenta.
    Signori, osservate attentamente come il tempo vola: similmente fugge via anche la vita e la morte ci è già quasi addosso. Voi ora siete qui, ma pensate al momento del trapasso perché si dà il caso che al guado, indubbiamente incerto, l'anima si ritrovi spoglia e sola. Nell'attraversare questa valle (di lacrime) abbiate la compiacenza di deporre l'odio e il disdegno, venti che soffiano in senso contrario alla serenità della vita; il tempo che si spende a procurare sofferenza agli altri, invece, venga impiegato in qualche azione più meritevole, del corpo o della mente, in qualche bella manifestazione d'affetto, o in qualche progetto onorevole, cosicché su questa terra si possa essere profondamente felici e le porte del Cielo si trovino spalancate.
    Canzone, io ti esorto di portare il mio messaggio con amabilità giacché ti toccherà andare tra gente convinta del proprio sussiego, mentre il desiderio di assumere il pessimo atteggiamento abituale, diametralmente opposto alla verità, è fin troppo grande. Troverai maggior fortuna tra coloro che dimostrano di possedere sentimenti nobili ed elevati, cui piace ciò che è buono e giusto; rivolgiti a costoro dicendo: - Chi mi proteggerà? Io vado gridando: Pace, pace, pace! -



    
IV) Canzone n. 366: Alla Vergine

    Vergine bella, Tu che, vestita di sole e coronata di stelle, sei piaciuta così tanto al sommo Sole (a Dio) che in Te ha nascosto la sua luce (la sua generazione, il suo stesso figlio), è l'amore che mi spinge a parlare di Te, ma non so cominciare senza l'aiuto Tuo e di Colui che, unicamente per amore, ha preso dimora in Te. Io T'invoco in quanto hai sempre corrisposto con favore alle preghiere di chiunque, con fiducia, si è rivolto a Te. Vergine, se l'estrema miseria delle vicende umane Ti ha mai indotto a qualche generosa concessione, accogli la mia preghiera, e, benché io sia polvere e Tu regina del Cielo, vieni incontro alla mia angoscia.
    Vergine saggia, Tu che sei una delle cinque vergini prudenti (Mt., XXV, 1-13), anzi la prima, quella la cui lampada splende maggiormente, di quanti sono afflitti protettrice sicura contro i colpi della grande svolta e della sorte degli eventi, in presenza dei quali si può sentire e manifestare esultanza ma non venirne fuori, piacevole sollievo alla passione cieca che, qui tra gli sciocchi mortali, letteralmente brucia; Vergine, i cui begli occhi tristi sulle dolci membra del Tuo caro Figlio hanno visto riprodotta la spietatezza della crudeltà umana, volgi il Tuo sguardo sul mio stato ricolmo di dubbi che, bisognevole di aiuto, si rivolge a Te per ricevere quei consigli di cui non sa fare a meno.
    Vergine pura, in ogni Tua parte incorruttibile (infatti, la Vergine è stata assunta in Cielo), figliola e nel tempo stesso madre del sacro Frutto del Tuo seno, Tu che illumini questa vita e rendi più bella l'altra, grazie a Te il Figlio Tuo e del sommo Padre, splendida finestra del Cielo inesauribile fonte di luce, è venuto a salvarci alla fine dei tempi, Tu che, tra tutti gli abitatori della Terra, Vergine benedetta, sei stata l'unica ad essere prescelta perché il pianto si tramutasse in allegria, Tu che puoi, rendimi degno della Sua grazia, infinitamente beata, ora che sei Regina del Regno dei Cieli.
    Vergine santa, piena di ogni grazia, che, con la Tua grandissima umiltà, sei salita al Cielo da dove ascolti le mie preghiere, Tu hai partorito la sorgente di ogni misericordia e il sole della giustizia che rasserena questo tempo pieno di innumerevoli errori difficilmente comprensibili, in Te sono racchiusi tre dolci e cari nomi: madre, figlia e sposa; Vergine gloriosa, Sposa del Re che ha sciolto i lacci e rese il mondo libero e felice, nelle sue sante piaghe Ti prego di acquietare il mio cuore, vera dispensatrice di gioia spirituale.
    Vergine unica al mondo, che non ha termini di paragone, Tu che hai innamorato il Cielo con la Tue bellezze senza che ci sia stata alcuna prima di Te né a Te seconda, i Tuoi pensieri venerabili e i Tuoi gesti virtuosi, pieni di rispetto e di tenerezza, hanno incinto la Tua verginità rendendola un tempio vivo e degno della massima riverenza dedicato al vero Dio; se, grazie alle Tue preghiere la mia vita potrà essere più gioiosa, o Maria, Vergine dolce e pia, poiché laddove è abbondato l'errore ora abbonda la grazia, con le ginocchia della mente prosternate Ti prego di proteggermi e di drizzare la mia vita contorta verso un traguardo più degno.
    Vergine sincera ed eternamente immutabile, stella di questo tempestoso mare, guida sicura di ogni nocchiero fedele, prendi atto tra quali avvenimenti dolorosi mi ritrovo solo, senza alcuna guida: sento prossime le strida dell'inferno, ma la mia anima, seppur peccatrice, non lo nego affatto, confida in Te; Vergine, Ti prego, fa' che il Tuo nemico (il diavolo) non rida del mio male; ricorda che i peccati degli uomini hanno fatto sì che, per salvare l'umanità intera, nel Tuo seno verginale Dio si fece uomo.
    Vergine, quante lacrime ho già versato, quante speranze illusorie e quante preghiere inutili, che, anzi, si sono tramutate in mia pena e in mio grave danno! Da quando sono nato sulle rive dell'Arno (Arezzo), a furia di cercare ora da una parte e ora dall'altra, la mia vita non è stata altro che un continuo stato di ansia e di tormento; la caducità della bellezza terrena, il mio comportamento e le mie parole mi hanno preso totalmente l'anima. Vergine, Tu che partecipi della potenza divina e che alimenti la vita, non tardare giacché sto vivendo forse l'ultimo dei miei anni: i miei giorni, che veloci più del fulmine, scorrono in uno stato di tribolazioni e di peccato, se ne sono andati e ora soltanto la Morte mi attende.
    Vergine, la vita in questo mondo è fatta in modo tale che ha costretto il mio cuore ad uno stato di dolore e lo ha tenuto in un continuo pianto in quanto conosceva tutti i miei mali: per ciò stesso, seppure quello che è avvenuto sarebbe avvenuto ugualmente, ogni altro suo desiderio per me sarebbe stata la fine di tutto e per la morte una ben misera vittoria. Ora Tu, Signora del Cielo, Tu nostra Dea, se è lecito e non irriverente chiamarti così, Vergine ricolma di altissimi sentimenti, Tu che vedi ogni cosa e quanto altri non avrebbe potuto fare è un'inezia in rapporto al Tuo valore, fai cessare il mio dolore, e ciò per Te tornerà di vanto ma per me sarà la salvezza.
    Vergine, in cui ho riposto tutta la mia speranza che Tu possa e voglia aiutarmi, non abbandonarmi nel momento del trapasso. Non guardare me ma Colui che si è compiaciuto crearmi, non guardare ai miei meriti, ma l'alta somiglianza che è in me Ti induca a prenderti cura di un uomo di infimo valore: Medusa ed i miei errori mi hanno reso un sasso che stilla un inutile pianto. Vergine, riempi di lacrime sante e pie il mio cuore stanco affinché almeno il mio ultimo pianto sia pulito, non frammisto al fango terreno come, invece, era stato il primo, a sua volta non privo di tanta follia.
    Vergine, dall'animo ricolmo di sensibilità umana e nemica di ogni vanto, l'amore verso la nostra comune origine Ti induca ad avere pietà di un cuore infelice e profondamente pentito. Se sono avvezzo ad amare con dedizione straordinaria una piccola realtà mortale fatta di inconsistente polvere, cosa dovrei fare nei Tuoi confronti, realtà piena di tanta grazia? Vergine, se, grazie al Tuo intervento, mi solleverò dal mio triste e spregevole stato, al Tuo nome io consacrerò e purificherò i pensieri, l'intelligenza, lo stile, il linguaggio e i sentimenti, le lacrime ed i sospiri. Accompagnami nel mio trapasso che vorrai rendere meno difficoltoso, e accogli di buon grado le mie aspirazioni ormai profondamente mutate.
    Vergine unica e sola, il giorno si avvicina e non può essere lontano, così velocemente scorre e vola il tempo, e la morte punge ora il cuore, ora la coscienza. Raccomandami al Tuo Figliolo, vero uomo e vero Dio, perché accolga in pace il mio ultimo respiro.


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